Grave l’omessa comunicazione, da parte del dipendente, dell’assenza per un periodo prolungato

La prolungata assenza ingiustificata è condotta sanzionata direttamente dalla legge, anche quando essa sia disciplinata dalla contrattazione collettiva che ne stabilisca la durata rilevante ai fini del licenziamento

Grave l’omessa comunicazione, da parte del dipendente, dell’assenza per un periodo prolungato

Sacrosanto il licenziamento a fronte della omessa comunicazione, da parte del dipendente, dell’assenza dal lavoro per un periodo prolungato. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 2878 del 5 febbraio 2025 della Cassazione), i quali catalogano una simile condotta come rilevante illecito rispetto alle norme del comune vivere civile. Irrilevante, quindi, anche il riferimento ad una presunta mancata affissione del codice disciplinare, in quanto la prolungata assenza ingiustificata è condotta sanzionata direttamente dalla legge, anche quando essa sia disciplinata dalla contrattazione collettiva che ne stabilisca la durata rilevante ai fini del licenziamento.
In questo quadro è rilevante anche il dettaglio temporale, poiché, nella vicenda in esame, si è appurato che l’assenza dal lavoro ha coperto un periodo compreso tra gennaio e ottobre del 2020 ed è risultata non giustificata, poiché il lavoratore in malattia non ha inviato al datore la documentazione di proroga dello stato di malattia e non sono mai emersi gli estremi del giustificato impedimento nell’invio della certificazione medica.
Di peso, poi, anche altri particolari. Innanzitutto, il certificato medico da ultimo confezionato, e datato ottobre 2020, non era assolutamente idoneo, secondo i giudici, a comunicare al datore lo stato di morbilità, essendo esso stato rilasciato da un ‘Dipartimento di salute mentale’, non essendo coevo al periodo di prosieguo malattia ed essendo, anzi, stato redatto in epoca successiva alla contestazione mossa dal datore di lavoro. Peraltro, il certificato non evidenziava significativi elementi per ritenere che il lavoratore fosse afflitto da un complesso patologico tale da comportargli la perdita del discernimento dei doveri lavorativi e tale da causargli l’impossibilità di attivarsi presso il medico per far certificare il persistente stato di malattia da comunicare poi in azienda.
Per chiudere il cerchio, infine, i magistrati annotano che la giustificazione addotta dal lavoratore, ossia di trovarsi in stato confusionale, era anche in conflitto con l’affermazione di aver sollecitato tempestivamente la moglie ad adempiere agli oneri di comunicazione e di aver avvertito i colleghi.
Comunque, il disvalore in sé della condotta non muta quando, come in questo caso, la contrattazione collettiva stabilisca la durata del periodo di assenza rilevante ai fini del licenziamento, chiosano i giudici di Cassazione.

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