Il parlamentare non può essere accusato di diffamazione per le opinioni sui social
La Corte costituzionale ha stabilito che le opinioni dei parlamentari, anche al di fuori delle sedi di Camera e Senato, sono insindacabili se connesse alla funzione parlamentare
Secondo la sentenza numero 104 del 10 giugno 2024, anche le opinioni esterne da parte dei parlamentari sono insindacabili se legate all'esercizio del loro compito e rispettose della dignità altrui.
La Consulta ha infatti respinto un conflitto di attribuzioni tra il Tribunale di Milano e la Camera dei deputati riguardante alcune dichiarazioni fatte da un politico in un video su Facebook nel dicembre 2018. Nonostante un'accusa di diffamazione presentata nel febbraio 2019, la Camera aveva infatti stabilito che le affermazioni rientravano nel ruolo politico del deputato e quindi non erano soggette a revisione giudiziaria.
Con la sentenza in oggetto, la Corte ha confermato tale valutazione sottolineato l'importanza di garantire ai parlamentari la massima libertà nel rappresentare la nazione, escludendo qualsiasi responsabilità legale per le opinioni espresse. Tuttavia, questo privilegio viene concesso solo per le dichiarazioni fatte nell'ambito del loro lavoro parlamentare e nel rispetto della dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica.
Il giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco deve essere cercato attentamente, considerando i casi concreti. La Corte ha evidenziato che, se le opinioni sono correlate alle funzioni parlamentari, sono garantite da insindacabilità, anche se espresse al di fuori dell'ambiente parlamentare, risultando irrilevante il mezzo di comunicazione utilizzato, in questo caso il famoso social network.
In conclusione, le opinioni del deputato, come affermato dalla Camera, rientravano nell'esercizio delle funzioni parlamentari, poiché miravano a rappresentare interessi generali nonostante la forma differente rispetto alle solite attività in parlamento.