Illegittimo il diniego di cittadinanza poggiato su un vecchio precedente penale e su una non veritiera autocertificazione
Necessario, invece, valutare la gravità e il disvalore sociale della condotta tenuta dallo straniero che ha chiesto la cittadinanza italiana
Non può ritenersi esercitata legittimamente l’ampia discrezionalità dell’amministrazione attraverso forme di automaticità del giudizio di diniego della cittadinanza allo straniero per l’esistenza di un solo risalente precedente penale, concernente un comportamento di non particolare allarme sociale, di recente depenalizzato, e per la non veritiera autocertificazione. La motivazione del provvedimento di diniego di cittadinanza deve essere correlata alle modalità e caratteristiche del fatto penalmente perseguito, apprezzato in concreto, alla gravità dello stesso e al suo disvalore sociale, alla pena comminata, alla circostanza che si tratti di unico episodio nel periodo di lungo soggiorno del soggetto in Italia e che sia stato commesso a distanza di tempo (circa 11 anni) dal momento in cui l’istanza è stata esaminata, alla circostanza che il reato sia stato dichiarato estinto e che il fatto sia stato successivamente depenalizzato. Nello specifico, si è trattato dell’unica condanna per l’importazione abusiva di 5 stecche di sigarette dal Paese di origine. I giudici aggiungono poi, aprendo un altro fronte, che la dichiarazione riguardante i precedenti penali non comporta per espressa previsione del legislatore l’acquisizione del beneficio, e quindi l’autocertificazione non veritiera non può determinare l’automatica decadenza. Difatti, l’autocertificazione ha lo scopo di portare a conoscenza dell’amministrazione una serie di elementi di valutazione riguardanti la situazione personale ed economica del soggetto rilevanti ai fini di apprezzarne l’avvenuta integrazione in Italia e l’assenza di cause ostative collegate a ragioni di sicurezza della Repubblica e all’ordine pubblico. In quest’ambito, può assumere rilevanza la distinzione tra dichiarazione mendace, erronea, omissiva o reticente, da accertarsi in concreto, caso per caso. E in questa ottica l’amministrazione è tenuta a ponderare accuratamente se sia mancata nel soggetto non solo l’intenzione di ingannare, ma anche la consapevolezza di porre in essere una condotta dotata di rilevanza giuridica, ad esempio per mancata conoscenza della condanna intervenuta e ignoranza delle previsioni di legge concernenti la mancata annotazione delle condanne penali emesse per decreto nelle certificazioni del casellario. (Parere 1709 del 19 ottobre 2022 del Consiglio di Stato)