Nessun impiego per il soggetto danneggiato: possibile comunque il ristoro per il danno da perdita della capacità lavorativa specifica

La liquidazione deve prendere quale base reddituale di riferimento quella corrispondente all’attività lavorativa che il soggetto danneggiato avrebbe presumibilmente esercitato in futuro, tenuto conto della sua posizione economica e sociale, del tipo di studi intrapresi e degli esiti raggiunti

Nessun impiego per il soggetto danneggiato: possibile comunque il ristoro per il danno da perdita della capacità lavorativa specifica

Il danno da perdita della capacità lavorativa specifica è risarcibile anche in favore di colui che, al momento del sinistro, non svolgeva alcuna attività lavorativa, purché, però, in età lavorativa,. In tal caso, la liquidazione deve prendere quale base reddituale di riferimento quella corrispondente all’attività lavorativa che il soggetto danneggiato avrebbe presumibilmente esercitato in futuro, tenuto conto della sua posizione economica e sociale, del tipo di studi intrapresi e degli esiti raggiunti, con possibilità residuale di ricorrere al criterio del triplo della pensione sociale quando non sia individuabile un’occupazione determinata cui parametrare la contrazione del reddito.
Questi i chiarimenti forniti dai giudici (ordinanza numero 15451 del 10 giugno 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo alla pretesa risarcitoria avanzata da un motociclista a fronte delle lesioni riportate a seguito dello scontro con una bicicletta.
In Appello è stata respinta la domanda di risarcimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, e ciò sul presupposto che non fosse dato conoscere quale tipologia di rapporto avesse in corso, all’epoca del sinistro, il soggetto danneggiato con la datrice di lavoro e che, dovendosi in ogni caso defalcare dal quantum risarcitorio eventualmente riconosciutogli le somme percepite a titolo di pensione di invalidità, non v’era prova che, dopo il sinistro, il soggetto danneggiato avrebbe potuto percepire redditi netti pari ad almeno il doppio di quanto erogato dall’INPS.
Diversa, invece, la prospettiva tracciata dai giudici di Cassazione, i quali premettono che, in generale, i postumi permanenti derivanti dalla lesione della salute possono determinare una diminuzione della capacità di produrre reddito della vittima, che può rapportarsi al reddito derivante da una specifica occupazione (già svolta dal danneggiato al momento del fatto illecito, oppure da svolgersi verosimilmente in futuro) ovvero a generiche opportunità lavorative compatibili con le attitudini e le competenze del soggetto.
La prima forma di pregiudizio viene usualmente denominata come danno da perdita della capacità lavorativa specifica, per la cui risarcibilità è richiesta la prova del nesso causale tra le lesioni e l’impossibilità di svolgere il lavoro precedentemente svolto, da un lato, e tra quest’ultima e l’effettiva contrazione del reddito della vittima, dall’altro. Una volta dimostrata la sussistenza di un danno patrimoniale di tal fatta, la sua liquidazione avviene attraverso la capitalizzazione del reddito annuale perduto (o che, con consistente probabilità, si sarebbe conseguito in futuro). Per la quantificazione del risarcimento, è necessario tener conto di tutti gli accessori ed i probabili incrementi della retribuzione, al netto delle ritenute e degli emolumenti straordinari.
Il danno da capacità lavorativa specifica è però risarcibile, precisano i giudici, anche in favore di colui che, al momento del sinistro, non svolgeva alcuna attività lavorativa (perché disoccupato – purché non volontariamente – o soggetto minorenne), con la peculiarità che, in tal caso, la liquidazione dovrà prendere, quale base reddituale di riferimento, quella corrispondente all’attività lavorativa che il danneggiato, se non fosse intervenuto l’evento dannoso, avrebbe presumibilmente esercitato in futuro, tenuto conto della sua posizione economica e sociale e di quella della sua famiglia, delle correlative possibilità di scelta, del tipo di studi intrapresi e degli esiti raggiunti e, quanto al disoccupato, sempre che sussista ragionevole certezza o positiva dimostrazione che lo stesso danneggiato, se rimasto sano, avrebbe intrapreso un nuovo rapporto di lavoro avente ad oggetto la medesima attività o altra confacente al proprio profilo professionale.
L’impossibilità di far riferimento a un reddito precedentemente goduto, o che presumibilmente si sarebbe goduto in futuro, comporta la necessità di procedere alla liquidazione equitativa, attraverso il criterio del triplo della pensione sociale, espressamente contemplato dal ‘Codice delle assicurazioni’, secondo cui la definitiva e totale perdita della capacità di svolgere qualsivoglia occupazione, conseguente a una lesione della salute di rilevante entità, integra un danno patrimoniale per la cui liquidazione, nel caso in cui il soggetto non abbia potuto manifestare alcuna propensione per una determinata attività lavorativa, può farsi riferimento al criterio del triplo della pensione sociale.
Tornando alla vicenda in esame, i magistrati di Cassazione chiariscono che il mancato pregresso svolgimento di attività lavorativa non esclude, di per sé, la configurabilità della voce di danno in questione, ove, come in questo caso, il soggetto sia in età lavorativa, rilevando, al più, tale circostanza ai fini dell’individuazione del reddito di riferimento sulla cui base calcolare il danno patrimoniale futuro, cioè nel senso di dover considerare, in mancanza della prova del pregresso svolgimento di una individuata attività lavorativa, non il reddito scaturente dal lavoro già svolto, bensì quello parametrato al genere di lavori che il danneggiato, ove non menomato, avrebbe potuto svolgere in futuro, in relazione al proprio grado di istruzione e alle competenze possedute.

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