Censure generiche o lievi all’amministratore: non giustificata la revoca

Consequenziale il riconoscimento di un indennizzo all’oramai ex amministratore

Censure generiche o lievi all’amministratore: non giustificata la revoca

Niente giusta causa alla base della revoca dell’amministratore della società se le censure a lui mosse sono generiche o, comunque, di modesta entità. Questo il principio fissato dai giudici (sentenza del 9 luglio 2025 del Tribunale di Brescia), i quali hanno perciò accolto la richiesta di indennizzo avanzata dall’oramai ex amministratore di una ‘s.r.l.’ revocato con una delibera assembleare ad hoc.
In generale, gli amministratori sono revocabili dall’assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il diritto dell’amministratore al risarcimento dei danni nel caso in cui la revoca avvenga senza giusta causa.
Per quanto concerne le società a responsabilità limitata, è necessario fare ricorso alla disciplina generale del mandato oneroso, fattispecie cui è riconducibile il rapporto societario che lega la società all’amministratore, trovando la sua fonte negli atti societari tipici (atto costitutivo, statuto, delibere assembleari.
Così, la revoca dell’amministratore di società a responsabilità limitata può essere disposta in ogni tempo dall’assemblea dei soci, anche in assenza di giusta causa ma, essendo il rapporto di amministrazione riconducibile quale species a sé stante al genus del mandato, l’amministratore revocato ante tempus senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno. Quindi, ferma la facoltà del mandante di revocare in qualunque momento il mandatario, quest’ultimo ha il diritto di ottenere il risarcimento dei danni (da intendersi come indennizzo, stante la liceità della revoca, diversamente quantificato a seconda che si tratti di mandato a tempo determinato o indeterminato), salvo che ricorra una giusta causa.
La facoltà di revocare a propria discrezione gli amministratori trova, pertanto, un limite nel presupposto della giusta causa: non, però, nel senso che questa sia condizione di efficacia della deliberazione di revoca, la quale resta in ogni caso ferma e non caducabile (salvi eventuali vizi suoi propri), assumendo, invece, la giusta causa il più limitato ruolo di escludere in radice l’obbligo risarcitorio, altrimenti previsto a carico della società per il fatto stesso del recesso anticipato dal rapporto prima della sua scadenza naturale.
Ragionando in questa ottica, è ritenuta giusta causa di revoca degli amministratori quella circostanza (o quel fatto sopravvenuto), non necessariamente integrante un inadempimento, tale da influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto, ad esempio facendo venir meno l’affidamento riposto dai soci, al momento della nomina, sulle attitudini e sulle capacità dell’amministratore, o, in generale, facendo venir meno il rapporto di fiducia tra soci e amministratore. E spetta alla società l’onere di dimostrare la concretezza di una giusta causa di revoca, trattandosi di un fatto costitutivo della facoltà, per la società, di recedere senza conseguenze risarcitorie.

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