Sì alla scuderia di cavalli per la società che gestisce l’ippodromo

Il TAR Lazio ha annullato il provvedimento con cui il Ministero dell’Agricoltura aveva negato la c.d. concessione dei colori ad una società che gestisce un ippodromo

Sì alla scuderia di cavalli per la società che gestisce l’ippodromo

La società che gestisce un ippodromo aveva presentato istanza per ottenere la c.d. concessione dei colori, cioè l’autorizzazione a far correre in competizioni sportive ippiche i cavalli di sua proprietà.

Il Ministero dell’Agricoltura rigettava l’istanza in quanto «nessuna società di corse, persona giuridica avente nell’oggetto sociale la gestione di corse in ippodromo, è attualmente titolare di autorizzazione a far correre cavalli di proprietà. Tale autorizzazione è stata in passato rilasciata a persone fisiche che sono anche rappresentanti o amministratori di una società di corse. In questo secondo caso, tuttavia, è la persona fisica il soggetto di diritto che assume tutti gli obblighi e le prerogative derivanti dall’autorizzazione. L’incompatibilità della società di corse rispetto alla titolarità di una scuderia deriva dal fatto che una eventuale autorizzazione è in grado di determinare, nello stesso ambito operativo, una sovrapposizione di ruoli in capo a un medesimo soggetto giuridico, con conseguente confusione tra i diritti e gli obblighi derivanti dal provvedimento di riconoscimento come società che gestisce le corse in ippodromo e i diritti e obblighi come scuderia autorizzata a far correre, magari nel medesimo ippodromo, cavalli di proprietà».

La società ha impugnato il provvedimento davanti al TAR Lazio, che ha accolto le sue obiezioni.

Il regolamento delle corse al trotto, «nel dettare i requisiti necessari affinché i proprietari o affittuari di cavalli da corsa possano essere autorizzati a far correre i propri cavalli», risulta «certamente lacunoso nella parte in cui non prevede alcun regime testuale delle incompatibilità tra gestore dell’impianto e proprietario dei cavalli, né prevede, a maggior ragione, una clausola cosiddetta aperta che attribuisca all’autorità amministrativa competente al rilascio della autorizzazione alle corse il potere di valutare casisticamente ciascuna richiesta sotto il profilo della opportunità previa esplicitazione, nel relativo provvedimento, di una motivazione rafforzata, eventualmente con possibilità anche di modularne gli effetti (ad esempio, escludendo la possibilità di correre nel proprio impianto, autorizzando le corse in altri impianti, se e in quanto non si tratti di corse relative al programma di un campionato, nel qual caso ovviamente non è possibile ipotizzare autorizzazione limitata ad alcuni impianti soltanto)».

In sostanza, il Ministero dell’Agricoltura «ha escluso, per un verso, che la gestione delle scommesse costituisca elemento ostativo» alla concessione dei colori e «ha, per un altro verso, fondato il provvedimento», contestato dalla società, «su astratti profili di incompatibilità non testualmente previsti, né ricavabili, sia pure in via implicita, da specifiche disposizioni normative o regolamentari».

Viene però sottolineato che «le cause di incompatibilità sono soggette al principio di stretta legalità e tassatività e le valutazioni di mera opportunità», come quelle alla base della posizione assunta dal Ministero «potrebbero assumere rilievo esclusivamente se quantomeno sostenute da più pregnanti e probanti rilievi in ordine a precisi conflitti d’interesse tra la posizione e gli obblighi di una società di corse e quelli di scuderia autorizzata alla corsa di propri cavalli, addirittura se non circoscritta, come al limite logico, al solo ippodromo direttamente gestito, bensì estesa ad altri ippodromi» (TAR Lazio, sentenza n. 11799, depositata l’11 giugno 2024).

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